mercoledì 17 gennaio 2018

Recensione #4: Il terremoto inventato di Nino Inzerillo


“Ecco, se mi avessero chiesto: qual è la trama del tuo romanzo? Avrei risposto: nessuna storia comune, è solo e soltanto una lunghissima lettera d’amore per le donne, per i sigari cubani e per la vita stessa.”


Trama
Il terremoto inventato è un romanzo che vede protagonista Nino, un distinto professore universitario che, vinto dalla solitudine e dalla noia, decide di farsi istituzionalizzare in un centro d’igiene mentale. La vita e i ritmi dell’ospedale, però, gli diverranno presto stretti e la voglia di vivere tornerà a scuoterlo, proprio come viene scossa la sua città, Palermo, da un terremoto. Coglie, dunque, l’opportunità e fugge dalla struttura, riscoprendo anche le strade e le piazze cittadine, alle quali non era più abituato. Trascorre la notte intera insieme ad altre persone – conoscenti e sconosciuti, reali o nella sua immaginazione – anche loro per le strade a causa della paura delle scosse. Passeremo le ore in sua compagnia, rivivendo anche episodi del suo passato che ci permetteranno di conoscere la sua vita ed i suoi pensieri.

Recensione
Il terremoto inventato è il romanzo d’esordio di Nino Inzerillo, in cui tutto è reale, irreale e surreale al tempo stesso. È sicuramente un romanzo che il lettore non si aspetta: il panorama letterario contemporaneo è piuttosto monotono e ripetitivo, soprattutto quello italiano, e non è affatto comune trovare romanzi come questo. Anche lo stile di scrittura, che ricorda il flusso di coscienza di Joyce, e il linguaggio utilizzato, pulito e ricercato, gli permettono di essere classificato ad un livello più alto rispetto a molti altri. Queste caratteristiche lo rendono sicuramente un romanzo non adatto a chiunque, ma consigliato a chi cerca qualcosa di diverso e non convenzionale.
Perfino la trama non è banale. Grazie alle sue riflessioni e ai suoi ricordi, comprendiamo i motivi che spingono Nino a chiedere di essere istituzionalizzato e lo affianchiamo anche nei momenti che lo scuotono e riportano in lui la voglia di vivere, sperare e amare. L’amore è infatti il filo conduttore del romanzo, ciò di cui Nino sente maggiormente la mancanza e ciò che vorrebbe provare e vivere, in maniera totale e completa.

“Avevo una voglia matta, quasi un’urgenza indifferibile di uscire innamorato e ricambiato da quella piazza come se fosse l’ultimo approdo; mi ripetevo che non volevo tornare a casa da solo, che sarei riuscito in qualche modo a realizzare il mio desiderio. Era la solitudine l’agente che erodeva il tempo e faceva sorgere in me quella necessità di affermare il mio diritto all'amore. Quel terremoto che ormai era stato declassato a mero evento assolutamente marginale non poteva né doveva essere inutile, avevo da tornare a vivere: quello era l’effetto che ebbe il sisma sul mio cuore.”

Accompagnare Nino durante le sue riflessioni è totalmente coinvolgente. Dopo un inizio un po’ lento, in cui dobbiamo prendere confidenza sia con il personaggio che con uno stile e un linguaggio non usuali, la lettura procede spedita e i pensieri di Nino diventeranno spunto di riflessione anche per il lettore. Al suo interno, si fa riferimento a due terremoti che realmente colpiscono la Sicilia: quello del Belice del ’68 e quello del 2002, che diventano anch'essi spunto di riflessione interiore e si legano al titolo del libro. Un altro aspetto piacevole si ritrova nel momento in cui vediamo il romanzo arricchirsi di riferimenti alla letteratura (italiana e straniera, classica e contemporanea): leggiamo, dunque, richiami tanto a Dostoevskij, Calvino o Flaubert quanto alla Rowling e al suo Harry Potter.

Ringrazio ancora una volta l’autore per avermi dato l’opportunità di leggere il suo libro e concludo consigliandovi la lettura di questo romanzo dal forte sapore autobiografico, ma che lascia spazio all'immaginazione del lettore per distinguere ciò che è reale da ciò che è inventato.

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