“Tutti noi nasciamo liberi, e se qualcuno non lo è certamente il suo istinto in qualche modo lo condurrà ad esserlo. Guardate ad esempio come vivono i pettirossi. Loro sono nei loro nidi al sicuro, perché si sono creati il loro giaciglio con cura e determinazione. Eppure al primo forte rumore essi istintivamente non si sentono più al sicuro e fuggono via. E sapete cosa succede? Che ritorneranno non appena tutto si sarà nuovamente calmato. Il pettirosso che vive senza troppi ragionamenti e sa qual è il miglior modo per proteggersi, possiede la capacità del vivere qui ed ora. Una capacità che è radicata in ogni animale. Se anche noi uomini potessimo rammentare, grazie all'esempio degli animali, la nostra innata capacità di sentirci in pace con noi stessi nel qui ed ora, anche noi saremmo senza dubbio più felici.”
La libertà del pettirosso è il romanzo d’esordio di Francesco Di Giulio.
Si tratta di un thriller medievale ambientato in un monastero. Alcuni degli uomini di chiesa che qui dimorano decidono di morire in modi atroci, incitati dalle parole che trovano in alcune pergamene che sembrano portate direttamente dal demonio. Uomini puri all'apparenza, ma con l’animo corrotto. Quell'oscurità che è stata tenuta nascosta rischia di venire rivelata. Un bambino recluso e la sua storia si intreccerà con quella dei monaci dell’abbazia: riuscirà quest’anima a redimerli dai loro peccati?
Un’abbazia, il Medioevo, monaci che muoiono in modo sospetto, uno dei frati che proverà ad indagare. Inutile dire che tutti questi aspetti mi intrigavano parecchio, rammentandomi molto il romanzo di Eco che adoro.
Ho letto questo libro in due giorni, soprattutto perché, per impegni personali, non ho avuto molto tempo a disposizione da dedicare alla lettura. In realtà, basterebbe avere un pomeriggio libero per leggere tutto d’un fiato questo thriller, non soltanto perché la vicenda viene narrata in poche pagine, ma anche e soprattutto perché è davvero appassionante. La storia e il modo in cui viene narrata meriterebbero quasi il massimo dei voti. Il racconto è coinvolgente e non si può fare a meno di restare incollati alle pagine per vedere quale dei monaci troverà quelle strane pergamene, oltre che per scoprire da dove provengono e come si potrà porre fine a tutto ciò che accade. Ho enormemente apprezzato anche il titolo del romanzo, altro elemento che mi spingeva a proseguire la lettura per scoprirne il significato.
Nonostante questi aspetti positivi, però, ho anche riscontrato degli elementi che mi hanno portato a dare un voto un po’ più basso al romanzo. Uno di questi elementi ha a che fare proprio con la sua lunghezza, o brevità in questo caso. Il mio gusto personale mi porta a prediligere libri con un numero un po’ più consistente di pagine per il semplice motivo che, di solito, riescono a descrivere meglio fatti, persone o situazioni. Le poche pagine di questo romanzo, infatti, non rendono giustizia al potenziale insito nel libro stesso: ha tutte le carte in regola per essere considerato uno dei migliori libri sul mercato di questo genere, ma spesso non si riescono a capire bene le sensazioni e le emozioni dei frati o non si scava bene a fondo nella loro anima o nel loro passato per raccontare quale oscuro peccato nascondano. Avrei gradito qualche pagina in più proprio per leggere più dettagli degli eventi narrati, per conoscere meglio i monaci, per sentire in maniera più profonda quali fossero i loro stati d’animo. Un ultimo elemento negativo riguarda la punteggiatura. Non ho riscontrato errori grammaticali, soltanto qualche refuso o svista che non compromette affatto il mio giudizio (per esempio, fratello Bernardo da Trasimeno e fratello Marzio da Buscia sono due dei personaggi di questa storia, ma ad un certo punto della narrazione si ritrova scritto “frate Bernardo da Buscia”: piccola imprecisione che può essere perdonata). Ho trovato, invece, difficoltà nel passare oltre alle virgole mancanti o poste in maniera poco consona nelle proposizioni e, soprattutto, alle frasi terminanti con più di un punto esclamativo.
Questi elementi mi hanno portato a scegliere 3.5 come voto finale. Sono dell’idea che Francesco Di Giulio abbia davvero una buona capacità di scrittura, oltre a delle idee molto originali: sono certa che la sua scrittura non potrà far altro che affinarsi nei suoi prossimi scritti.
Lo ringrazio ancora per avermi dato l’opportunità di leggere il suo libro.
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