Trame
Nel primo libro, La Compagnia dell’anello, facciamo la conoscenza di Frodo, uno Hobbit che vive nella Contea ed eredita un anello dal cugino Bilbo Baggins. Scopre, grazie allo stregone Gandalf, che è il più potente degli anelli del potere, forgiato direttamente da Sauron, Signore Oscuro. Su consiglio di Gandalf e accompagnato dal suo fedele amico e giardiniere Sam e da altri due Hobbit, Pipino e Merry, Frodo parte per Gran Burrone dove vivono gli Elfi. Lungo il viaggio devono affrontare diversi ostacoli, tra i più pericolosi si ricordano i Cavalieri Neri servi di Sauron, e incontrano anche un nuovo amico che si presenta a loro con il nome di Grampasso. I cinque giungono infine a Gran Burrone, dove Elrond, Signore degli Elfi, ha radunato un Consiglio insieme ai rappresentanti di Elfi, Nani e Uomini. Il Consiglio decide che per poter sconfiggere definitivamente Sauron bisogna distruggere l’anello e ciò potrà essere fatto solo gettandolo nel Monte Fato, lì dove venne forgiato. Qui si compone la Compagnia di nove individui che si faranno carico di questo arduo compito: Frodo, il Portatore dell’Anello; Merry e Pipino, i due Hobbit amici di Frodo; Sam, fedele servitore del padrone che non gli permetterà di partire senza di lui; Grampasso, che rivela di chiamarsi in realtà Aragorn ed essere l’ultimo erede dei re di Númenor; Legolas, un Elfo originario del Bosco Atro; Gimli, un Nano proveniente dalle Montagne; lo stregone Gandalf; Boromir, il figlio del Sovrintendente di Gondor.
Il secondo libro, Le due torri, si apre con lo scioglimento della Compagnia. Due dei nove compagni vengono perduti (Gandalf e Boromir), altri due vengono rapiti dagli Orchi (Merry e Pipino). Frodo e Sam decidono, quindi, di proseguire da soli, mentre Aragorn, Legolas e Gimli si occupano di cercare i due Hobbit rapiti. I due riescono, però, a fuggire e fanno la conoscenza di un Ent dal nome Barbalbero: egli decide di muovere guerra allo stregone Saruman, al servizio di Sauron, e distruggono la sua Isengard. Intanto, Aragorn, Legolas e Gimli incontrano un redivivo Gandalf e con lui si recano a Rohan per salvare prima il Re Théoden e poi il suo popolo da un attacco del nemico. Nel frattempo, Frodo e Sam continuano il loro viaggio non privo di pericoli. Si unisce a loro la strana creatura chiamata Gollum: egli era in realtà uno Hobbit dal nome Sméagol che è stato fortemente corroso dal potere malvagio dell’anello. Gollum farà loro da guida per aiutarli ad arrivare ai cancelli di Mordor, fin quando però non li tradirà facendoli cadere in un pericoloso tranello.
Il terzo libro, Il ritorno del re, ci porta alla conclusione di questa travagliata avventura. Il gruppo ormai ricomposto con Gandalf, Merry, Pipino, Aragorn, Legolas e Gimli, si reca a Minas Tirith per avvisare e aiutare il Sovrintendente Denethor di un attacco imminente. Aragorn riesce a trovare l’aiuto di un esercito di morti e anche Rohan decide di andare in soccorso di Gondor. Éowyn, la nipote di Théoden, compie insieme a Merry un gesto valoroso uccidendo il capo dei Cavalieri Neri. Sam, intanto, aiuta Frodo a liberarsi degli Orchi e i due riprendono il loro viaggio compiendo gli ultimi sforzi per cercare di concludere finalmente la loro missione, anche se continueranno ad essere ostacolati ancora dal perfido Gollum.
Recensione
È praticamente impossibile non dare il voto massimo all’intera trilogia. Le vicende raccontate sono appassionanti fin nei minimi dettagli e la narrazione non risulta mai pesante o noiosa. La scrittura di Tolkien non è del tutto scorrevole, lo ammetto, ma basta semplicemente farci l’abitudine e le pagine si sfogliano da sole, una dopo l’altra. Tolkien ha curato tutto in ogni particolare e non c’è nulla che stoni o che si trovi fuori posto.
Ogni personaggio è ben delineato, sia che si tratti di un personaggio principale che di uno minore. I libri sono davvero pienissimi di personaggi, ma grazie alle attenzioni e alle descrizioni di Tolkien, non andiamo mai in confusione: se nel primo libro incontriamo Tom Bombadil nella Vecchia Foresta o Dama Galadriel a Lórien o ancora Cactaceo a Brea, potete star certi che ce ne ricorderemo fino alla fine dell’avventura, quando li rivedremo dopo centinaia di pagine.
Ciascun personaggio è poi ben caratterizzato. Prendiamo i personaggi di Aragorn e Gollum ad esempio. Il primo ci viene inizialmente presentato solo come un Ramingo (una sorta di vagabondo, un discendente degli antichi Re ormai in esilio) e lo conosciamo solo con il nome di Grampasso, ma riusciamo subito a capire che non si tratta di un personaggio negativo, nonostante gli ovvi timori dei piccoli Hobbit. Scopriremo poi che si tratta di Aragorn, discendente della stirpe dei Re, e che è uno dei personaggi a mio parere più belli non solo della saga ma dell’intero universo letterario. È un uomo forte e coraggioso e non si tira mai indietro di fronte ai suoi doveri, per quanto pericolosi possano essere (nella trasposizione cinematografica è un po’ più titubante, ma dai romanzi appare sempre come un uomo piuttosto risoluto e sicuro di sé).
Gollum è invece il personaggio più ambiguo di tutti, sempre in bilico tra il bene e il male. Spesso, parlando di sé, utilizza la prima persona plurale proprio a causa di questa dualità del suo essere. Persino Frodo si rivolgerà a lui chiamandolo Sméagol per indirizzarsi alla sua parte buona, mentre Sam tenderà a chiamarlo quasi sempre Gollum considerandolo infido e malvagio. In realtà, però, leggendo le varie pagine, capiamo quanto sia pesante il fardello di Frodo come Portatore dell’Anello. Riuscendo a comprendere ciò, iniziamo anche a vedere con occhio diverso Gollum/Sméagol: il suo essere malvagio non è del tutto innato, la pericolosità dell’Anello lo ha reso il mostro che è diventato e una parte di sé non riesce a cedere totalmente alla cattiveria e arriva sicuramente anche a provare dell’affetto nei confronti di Frodo. L’ossessione dell’Anello, però, che è riuscito a tenerlo in vita per centinaia di anni, non lo lascerà mai e per questo motivo oscillerà sempre tra il bene e il male, propendendo però un po’ di più per quest’ultimo. Più di una volta Gollum rischia di venire ucciso, per esempio da Bilbo o da Sam, ma la sua condizione riesce sempre a toccare il loro cuore e, comprendendo l’atroce sofferenza che l’essere prova a causa dell’Anello, lo lasceranno in vita.
Uno degli elementi che più mi piace di questa trilogia è il valore dell’amicizia che ne fuoriesce. Si crea un saldo legame amichevole già all'interno della Compagnia stessa, ma i suoi membri non riusciranno mai a fidarsi totalmente gli uni degli altri. Il vero legame e il vero sentimento di amicizia si forma, invece, tra due coppie di personaggi: tra i due Hobbit Frodo e Sam e tra il Nano Gimli e l’Elfo Legolas.
I primi sono amici già dalle prime pagine del libro, Sam è il giardiniere di Frodo e prova un grande affetto nei confronti del suo Padrone, tanto che non esiterà a seguirlo nonostante tutti i pericoli che dovranno affrontare. Ma l’affetto di Sam nei confronti di Frodo verrà dimostrato in moltissime altre occasioni: quando la Compagnia si scioglie e Frodo vorrebbe partire da solo, ma Sam lo segue (in questo caso è molto bella la scena del film in cui Sam rischia addirittura di affogare nel fiume pur di seguire il Padrone); quando vengono traditi da Gollum e Frodo si trova in pericolo di vita (il piccolo Hobbit si metterà ad affrontare perfino gli Orchi); quando, a pochi passi dalla meta, Frodo è ormai sfinito e non riesce più a reggersi in piedi e Sam lo porta finanche in braccio pur di aiutarlo. Insomma, io dico sempre che Sam è il migliore amico che si possa mai avere.
Anche la strana coppia formata da Legolas e Gimli non è da meno. Quando i due si conoscono, non scorre buon sangue tra la razza degli Elfi e quella dei Nani, quindi sembra perfino difficile che i due possano andare d’accordo. Inaspettatamente, però, si affezionano l’un l’altro, si proteggeranno a vicenda e si riprometteranno di rimanere amici anche dopo la fine dei giorni oscuri di Sauron. È davvero significativa la promessa che Legolas fa al suo piccolo amico quando gli dice che lo accompagnerà a visitare la Foresta di Fangorn, luogo che il Nano Gimli teme terribilmente ma che, allo stesso tempo, sarebbe curioso di conoscere.
Infine, Tolkien non ha dimenticato di inserire anche dei racconti d’amore che rendono ancora più appassionanti le varie peripezie: Aragorn e Dama Arwen, per esempio, che dovranno attendere la sconfitta di Sauron per coronare il loro amore; o ancora Faramir e Éowyn, che si innamorano quasi inconsapevolmente e sono di una tenerezza immensa; oppure Sam e Rosie, di una dolcezza disarmante soprattutto quando lei guarda Sam con ogni sognanti e lui arrossisce continuamente sotto lo sguardo della sua amata.
Da questo romanzo Peter Jackson ha tratto la trilogia di film campione d’incassi in tutto il mondo. Si tratta di una delle trasposizioni di romanzi che io abbia più apprezzato, credo sia davvero ben fatta, assolutamente fedele allo scritto di Tolkien e con dei paesaggi (quelli della Nuova Zelanda) così belli da mozzare il fiato. In alcuni casi, il regista si è preso la libertà di inserire delle scene inesistenti nei libri, ma ha compreso così bene il messaggio e il linguaggio di Tolkien che sembrano comunque essere state scritte da lui stesso.
Nessun commento:
Posta un commento